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GLI ARTICOLI DEI LETTORI…LE COLONNE D’ERCOLE NELL’ECUMENE DI ARISTOTELE
di Antonio Usai
per Edicolaweb

Anch’io vorrei dire la mia sulle colonne d’Ercole e precisamente sul primo posizionamento delle colonne.

Un giorno dopo aver visto la trasmissione Gaia, di Mario Tozzi, dedicata al mito di Atlantide che in un suo libro il giornalista Sergio Frau localizzava in Sardegna, ho acquistato il libro dal titolo “Le colonne d’Ercole un’inchiesta”.
Dopo averlo letto, per avere dei riscontri su quanto S. Frau afferma, ho acquistato altri libri di storici antichi (Erodoto, Aristotele, Polibio, Strabone e tanti altri) dai quali si capisce che le colonne d’Ercole fino alla fine del IV secolo a.C. erano tutt’altro che a Gibilterra.
Tutti gli indizi portano, invece, al canale di Sicilia: Aristotele in “Meteorologia” con i suoi fondali bassi, Dicearco con le sue distanze e così via.
Una prova piuttosto corposa nel suo libro Frau la dà citando un passo della descrizione geografica della terra, tratta da un libro attribuito ad Aristotele, che Frau titola “perì kosmos” dove si dice che chi entra nel mare interno attraverso le colonne d’Ercole, trova per prima cosa sulla sua destra le 2 Sirti.
Frau dice che subito dopo tutto si biforca a causa, così si capisce, di certi mari che Aristotele mette al di là delle colonne, ma che non ci dovrebbero essere, e anche a causa dei confini che Aristotele dà alla Libia.
Questi motivi sono sufficienti per far affermare a Frau che ora, per Aristotele, le colonne non sono più nel canale di Sicilia ma incontrovertibilmente a Gibilterra.
Inoltre, per Frau, se uno volesse disegnare una cartina geografica, seguendo ciò che dice Aristotele in “perì kosmos”, non ci riuscirebbe.
Per prima cosa mi sono domandato se Aristotele si fosse contraddetto mettendo le colonne prima al canale di Sicilia e subito dopo a Gibilterra.
Rileggo più volte quello che Frau riporta nel suo libro dal “perì kosmos”, e ogni volta la mia risposta è la stessa: per Aristotele le colonne sono sempre ferme al canale di Sicilia. Allora invio una mail a S. Frau esponendogli le mie conclusioni e chiedendogli il titolo esatto di quel “perì kosmos” Aristoteliano, che molto gentilmente mi ha comunicato.
Il libro si titola “Trattato sul Cosmo per Alessandro attribuito ad Aristotele” di Giovanni Reale. L’ho acquistato. Non ricordo quante volte ho letto la descrizione geografica che Aristotele fa della Terra; ma ogni volta, oltre che confermarmi ulteriormente che le colonne d’Ercole non sono assolutamente a Gibilterra ma al canale di Sicilia, si capisce chiaramente come, nella sua mente, Aristotele vedeva il mondo che lo circondava.
Si può anche intravedere che questo trattato Aristotele l’ha scritto stando in Grecia, quasi sicuramente nella penisola calcidica dove è nato o nell’isola Eubea dove è morto, perché cita, per primi, luoghi e mari più vicini al suo punto di osservazione: la grande Sirte prima della piccola, il mare Sardo prima del mare di Galazia (che bagna Marsiglia, conquistata dai greci focei intorno al 600 a.C., che si trova nella Celtica che per Erodoto è abitata, oltre le colonne d’Ercole, dai celti), l’Adriatico prima del Siciliano, il mare di Panfilia prima del Siriano e l’Egeo prima del Mirto.
Come seconda cosa, di questa visione del mondo di Aristotele, ne ho fatto tre cartine, una (colon02g – l’ecumene secondo Aristotele) delle quali l’ho allegata a questo mio scritto.
Per essere più sicuro di tutto ciò, ho portato il testo Aristotelico, solo la versione in greco, a una professoressa di latino e greco antico, la quale molto gentilmente me l’ha tradotto e la sua traduzione, che è più letterale, rispecchia quella di G. Reale ad eccezione di quel “te kaì” menzionato anche da Frau, che la prof.ssa traduce in “e anche”, anziché in “o” come fa G. Reale.
Esempio: io mi chiamo Usai “e anche” Antonio e non Usai “o” Antonio.
Quindi Atlantico “e anche” Oceano per la prof.ssa, Atlantico “o” Oceano per Giovanni Reale.
Questa piccola divergenza è ininfluente al fine della descrizione geografica della terra che inizio, prima della mia versione della stessa, citando una tesi in cui credo fortemente: “le fonti antiche hanno sempre ragione, e hanno torto coloro che alterano i testi a favore delle loro immaginarie teorie”.
Tutta la descrizione dipende da poche e semplici parole, 4 nella traduzione di G. Reale, 6 in quella della prof.ssa alla quale avevo portato il testo in greco:

All’interno verso Occidente, facendosi strada con uno stretto passaggio alle cosiddette Colonne d’Ercole, l’Oceano penetra nel mare interno…” (G. Reale)

Al di qua, invece, verso Occidente…” (prof.ssa).

Queste semplicissime parole, sulle quali tutti sorvolano, dicono chiaramente, categoricamente, senza ombra di dubbio che le colonne d’Ercole non sono a Gibilterra, perché stando a Gibilterra come si riuscirebbe a entrare nel Mediterraneo andando verso Occidente?
Da Gibilterra si entra nel Mediterraneo andando verso Oriente.
Dove sono allora le colonne?
Lo dice Aristotele stesso (anche Frau):

“All’interno verso Occidente (verso la sponda occidentale) facendosi strada con uno stretto passaggio alle cosiddette colonne d’Ercole, l’Oceano penetra nel mare interno come in un porto, e allargandosi a poco a poco si estende, abbracciando grandi golfi collegati l’uno con l’altro, ora sboccando in strette aperture, ora nuovamente allargandosi. Orbene, in primo luogo, si dice che, dalla parte destra per chi entra attraverso le colonne d’Ercole, forma due golfi, che costituiscono le cosiddette Sirti, delle quali l’una è denominata Grande e l’altra Piccola“…

cioè al canale di Sicilia.
Subito dopo, per Frau, tutto si biforca; invece:

“Dall’altra parte (oltre le colonne) non forma più golfi simili a questi e forma invece tre mari, ossia il mare di Sardegna, il mare di Galazia (o di Gallia) e l’Adriatico…”?!

Cosa ci fa l’Adriatico qui?
Certo sembrerebbe che Aristotele abbia fatto un errore mettendolo al di là delle colonne, ma Aristotele, se leggiamo attentamente, non lo sta mettendo al di là, infatti il testo recita:

“Orbene, in primo luogo, si dice che, dalla parte destra per chi entra (nel mare interno) attraverso le colonne d’Ercole…” ci fa capire che nel mare interno si può entrare anche da un’altra parte, e cioè dallo stretto di Messina. Quindi:

“..forma (oceano) invece tre mari, ossia il mare di Sardegna, il mare di Galazia e (tramite lo stretto di Messina) l’Adriatico, e, subito appresso, situato in senso obliquo, il mare di Sicilia…”

e tutto il resto.
Ora parlerò dei mari al di qua e al di là delle colonne; il mare al di qua è chiamato interno e come fa capire la parola stessa e lo stesso Aristotele, è un mare chiuso (ovvio non del tutto); mentre il mare al di là, l’esterno, per l’autore è un mare aperto, e lo si capisce chiaramente quando dice:

“Il mare che sta all’esterno della terra abitata si chiama Atlantico o Oceano, e ci bagna tutto intorno. All’interno verso Occidente…le 2 Sirti”.

E quando recita:

“Successivamente, poco al di là degli Sciti e della regione Celtica rinserra la terra abitabile fino al golfo di Galazia e le colonne d’Ercole, di cui abbiamo detto sopra, al di là delle quali l’Oceano circonda la terra.”

E si capisce benissimo, che è un mare aperto, anche dalla traduzione della prof.ssa; cito:

“il mare al di là dell’ecumene (terra abitata), il quale scorre attorno a noi, è chiamato Atlantico e anche Oceano. Al di qua, invece, verso Occidente… le 2 Sirti”.

Questo vuol dire che per Aristotele la Libia finisce alle colonne d’Ercole del canale di Sicilia, oltre le quali (e adesso davvero verso Occidente, verso l’America) non ci sono, o meglio non in quella posizione che conosciamo, la Tunisia, l’Algeria e il Marocco, ma solo l’Atlantico “te kaì” Oceano che tutto circonda e che forma (verso oriente) i 3 mari e tutto il resto.
Quindi è chiarissimo quando scrive:

“la Libia è quella regione che si estende dall’istmo Arabico (o dal Nilo) fino alle colonne d’Ercole”.

Addirittura l’Iberia Aristotele la cita una sola volta e non certo come sede delle colonne, ma perché attorno a lei e alle isole Britanniche, ci sono delle piccole isole che:

“…formano una corona di isole attorno alla terra abitata”.

E infine quando dice:

“…l’Europa è quella terra che ha come confini tutt’intorno le colonne d’Ercole, le insenature del Ponto, il mare d’Ircania nel punto…”

sta dicendo che l’Europa è al di qua e al di là delle colonne (tutt’intorno le colonne d’Ercole) più il Ponto ecc. Tutto inizia e tutto finisce in un mondo tutto e solo greco.
E ora mi sia consentito dire: “…e aveva un’isola innanzi a quella bocca, che si chiama, come voi dite, colonne d’Ercole.” (Platone-Timeo)
E così, sia nel mare Atlantico chiuso di Platone, sia nell’Oceano Atlantico, dove la mettono la maggior parte degli studiosi moderni, ma purtroppo per loro nell’Atlantico di questo Aristotele, al di là delle colonne d’Ercole c’è sempre un’isola: la mia Sardegna.
Dopo aver localizzato le colonne d’Ercole nel canale di Sicilia, era necessario, per fare chiarezza su alcune cose, e anche per curiosità, individuare il punto del canale in cui erano situate. Ci ho provato e, per farlo, ho avuto bisogno di due nomi: Annone (V secolo a.C.) e Aristotele e di alcune foto satellitari.
Prima di iniziare a parlare di Annone con quel suo viaggio oltre le colonne d’Ercole, vorrei fare una piccola premessa: nei libri antichi letti da me, quelli compresi nel periodo che va dal VI fino a tutto il IV secolo a.C., quando nell’argomento trattato sono incluse le colonne d’Ercole, sembra che gli autori perdano l’orientamento e non riescano più a capire dove siano l’occidente e l’oriente.
Questo strano disorientamento è spiegabile col fatto che gli studiosi partono dal presupposto che le colonne d’Ercole siano sempre state a Gibilterra, anche se in molti libri, compresi nel periodo sopraccitato, fatti i dovuti riscontri, i conti non tornano.
È quanto succede al viaggio di Annone, il testo del quale, che è composto da 18 passi, al 1° recita:

“Per volere dei cartaginesi Annone navigò fuori delle Colonne d’Eracle e fondò città di libifenici. E navigò portando con sé sessanta penteconteri e una folla di uomini e donne, in numero di tremila; e viveri e le altre provviste”.

Poi inizia il racconto di Annone che al 2° passo recita:

“Così salpati, superammo le colonne d’Ercole e navigammo nel mare esterno per due giorni, fondammo una prima città, alla quale demmo il nome di Timiaterio: sotto a questa c’era una grande pianura”.

Sorvolando sul fatto, per non sembrare pignoli, che se Annone avesse superato Gibilterra avrebbe dovuto dire: “navigammo nel mare esterno verso meridione per due giorni”, a meno che non avesse fondato quella città in mezzo all’Atlantico, facendo dei piccoli calcoli sapendo che in quel periodo per fare il tratto Cartagine-Sardegna si impiegavano all’incirca due giorni di navigazione, Annone è arrivato, esagerando, nei pressi dell’attuale Casablanca. Poi continua con il 3° passo che recita:

“Salpati poi verso occidente raggiungemmo Solòeis, un promontorio libico folto di alberi”.

La decisione presa da Annone con la frase “Salpati poi verso occidente“, che significa “sciolti gli ormeggi e preso il largo verso occidente“, è possibile solo in due condizioni.
La prima è che questo promontorio Solòeis si trovi in un’isola in mezzo all’Atlantico; ma questa condizione è da scartare perché Annone dice che questo promontorio si trova in terra libica.
La seconda e unica condizione possibile, è che quel promontorio si trovi all’altro capo di un golfo abbastanza profondo, e che sia, per trovarsi verso occidente, all’incirca alla stessa altezza del capo dal quale è salpato.
Ebbene, se cercassimo nel tratto costiero da Gibilterra fino alla Liberia, un lembo di terra con quella conformazione, non la troveremmo.
In quel tratto d’Africa si va, inevitabilmente, sempre verso meridione.
Basterebbe questo per scartare l’ipotesi dell’ambientazione del viaggio di Annone nell’oceano Atlantico. Ma per allontanare anche ogni più piccolo dubbio, dobbiamo trovare la vera ambientazione. Quindi proseguiamo nel nostro “viaggio”.
Ho scritto, più su, “golfo abbastanza profondo” perché uno dei motivi per cui quel golfo deve avere quella caratteristica è che giustificherebbe, a mio avviso, la decisione di Annone di salpare “verso occidente”, per evitare di costeggiare il golfo; oppure, magari, voler visitare prima quel promontorio Solòeis e dopo costeggiare il golfo a ritroso.
Infatti nei passi successivi, il testo recita:

4° passo:

“In quel luogo innalzammo un tempio a Posidone, e poi di nuovo ci siamo diretti a oriente per mezza giornata, finché raggiungemmo un lago prossimo al mare…”

e termina il passo facendo una piccola descrizione della flora e della fauna del posto.
Annone è tornato indietro di mezza giornata, e mi viene il sospetto che, in questo viaggio, non andrà oltre il promontorio Solòeis.

5° passo:

Superato tutto quanto il lago con un giorno di navigazione, fondammo sulla costa delle città, alle quali abbiamo dato i nomi di Muro Carico, Gutta, Acra, Melita e Arambi.”

Quando Annone dice di aver superato il lago, ho avuto la netta sensazione che con quel lago iniziasse il golfo (dalla parte del promontorio Solòeis), perché Annone non dice in quale direzione supera quel lago, e, inoltre, perché mi sembrava strano che di quel promontorio facesse parte, oltre a quella “mezza giornata verso oriente”, anche un lago molto esteso e tutte quelle città fondate sulla costa.

Poi al 6° passo succede che:

“E poi, salpati di lì, giungemmo al grande fiume Lisso… (qui fecero amicizia con gli abitanti del posto, i nomadi lissiti coi quali rimasero un certo tempo)”.
In questo passo Annone prende di nuovo il largo, non dice in quale direzione, ma percepisco chiaramente che è andato dall’altra parte del golfo.

Poi seguita con il 7° passo che recita:

Al di sopra di questi, invece, abitavano degli etiopi inospitali, che possedevano una terra piena di bestie feroci, percorsa da grandi monti…”
e il passo termina con la descrizione di quegli abitanti.
Ma quel “Al di sopra di” equivale a “Dietro a“, e non inteso come se dicesse “a nord di“.
Questo potrebbe trarre in inganno (come è successo a me una prima volta; anche se questo non influisce minimamente sull’ambientazione da me descritta).
Per gli antichi, il punto di riferimento era il mare; le popolazioni che abitavano dietro quelle costiere, venivano indicate come “sopra di” o “sopra a“.
Un esempio calzante è: l’Alto e il Basso Egitto.
L’Alto Egitto era la parte a sud dell’Egitto, mentre il Basso era quella a nord.
Proseguiamo nel nostro viaggio: subito dopo aver letto il 7° passo, ho avuto la sensazione che Annone, stesse costeggiando verso nord, arrivando quasi sicuramente nei pressi del luogo da cui è salpato “verso occidente“.
Poi arriva l’8° passo in cui, di colpo, tutto ha un senso e prendono forma quei sospetti, quelle sensazioni e quelle percezioni che mi hanno accompagnato in questo “viaggio”. Perché in questo 8° passo, che assieme al 3° è determinante per capire questo viaggio di Annone oltre le colonne d’Ercole, si rilevano due dati risolutivi:

  • la conferma definitiva che il viaggio non è ambientato nell’Atlantico e, di conseguenza, le colonne d’Ercole non possono essere assolutamente a Gibilterra.
  • la descrizione chiara e perfetta della zona in cui si svolge il viaggio.

L’8° passo recita:

“Presi degli interpreti dai lissiti, costeggiammo il deserto per due giorni verso meridione; e, da quel punto, di nuovo verso oriente per un giorno. Lì trovammo, in fondo a un golfo, una piccola isola, del perimetro di cinque stadi, che abbiamo colonizzato dandole il nome di Cerne. E abbiamo fatto la supposizione che essa si trovasse, rispetto al periplo, alla stessa altezza di Cartagine: infatti ci sembrò uguale la navigazione da Cartagine alle Colonne e da lì a Cerne.”

Ebbene questo ci conferma definitivamente che il viaggio non si svolge nell’Atlantico, poiché Cerne, per trovarsi alla stessa altezza di Cartagine o quasi, e più o meno alla stessa distanza dalle colonne come lo è dalle stesse colonne, Cartagine, si dovrebbe trovare, se il viaggio si fosse svolto nell’Atlantico, in mezzo all’Atlantico stesso, quasi a metà strada tra l’Africa e l’America; ma quell’isola, allora, si troverebbe verso occidente anziché “verso oriente“.
E se volessimo mettere Cerne prima di attraversare Gibilterra, affinché la stessa sia “verso oriente” (cioè nel mediterraneo occidentale), sarebbero impossibili le distanze.
Quindi niente viaggio nell’Atlantico e niente colonne a Gibilterra. Tutto il viaggio di Annone si svolge tra il promontorio di Sidi Ali El Mekki (a nord-ovest del grande golfo di Tunisi), il canale di Sicilia e la zona delle due Sirti.
Annone parte sicuramente da Cartagine, attraversa le colonne, entra nel “mare interno” dei greci, che però è “mare esterno” per i cartaginesi e, anziché continuare il viaggio in quel mare, torna indietro.
Lo si deduce da più fatti: si capisce che naviga da sud verso nord (anche se lui dice di aver navigato nel mare esterno), perché dopo aver fondato una prima città salpa poi “verso occidente“; mentre se avesse navigato da nord a sud non ci sarebbero state le condizioni.
Quindi, Annone torna indietro e, passo 2°, arriva nel promontorio Ermeo (Capo Bon), fonda una prima città (presso Haouaria?); e, passo 3°, salpa “verso occidente” raggiungendo il promontorio Solòeis, che altro non è che il promontorio di Sidi Ali El Mekki. Passo 4°: qui innalza un tempio e poi torna indietro di mezza giornata raggiungendo quel lago che si trova appena sotto quel promontorio e che è prossimo al mare. Passo 5°: da questo lago inizia la discesa e la perlustrazione del golfo verso sud; supera il lago e fonda 5 città. Poi, passo 6°, va dall’altra parte del golfo, giunge presso il fiume Lisso (da quella parte, però, ci sono 3 fiumi, non sapendo quale, prendo, come riferimento, il primo da sud per non scartarne qualcuno senza una ragione) e diventa amico dei lissiti con i quali si intrattiene per un certo tempo. Dopo, passo 7°, visita posti in cui abitano degli etiopi inospitali e si capisce che quei posti, assieme a quelli dei lissiti, confinano con quel luogo da cui è salpato “verso occidente“, perché nel passo successivo (quel fatidico 8° passo) dice che, accompagnato da interpreti lissiti, costeggia il deserto per 2 giorni “verso meridione“.
Quel deserto (o costa deserta come scrive G.B. Ramusio nella sua opera del 1550) si trova, affacciandosi nel canale di Sicilia, subito dopo il Capo Bon.
Poi, da un punto (non precisato) del deserto, Annone naviga verso oriente e raggiunge quell’isola Cerne, che altro non è che Pantelleria (Kossura per i greci); la quale si trova in fondo a un golfo, ed esattamente, perché così si può dire, rispetto al periplo (periplo della lunga penisola che termina con il Capo Bon), alla stessa altezza di Cartagine, come sembra ad Annone.
E la distanza da quel punto del deserto, dal quale Annone gira verso Cerne, alle Colonne, è la stessa dalle Colonne a quel punto, sia che uno tiri dritto per Cartagine, sia che uno giri per Cerne.
E la distanza da Cerne a quel punto, è all’incirca la stessa, ora più ora meno di navigazione, da quel punto a Cartagine.
Infatti Annone non dice che è uguale, ma che gli: “sembrò uguale la navigazione da Cartagine alle Colonne e da lì a Cerne“.
Non conoscendo esattamente da quale punto del deserto Annone è salpato per Cerne ho disegnato due punti con due rotte, uno a metà deserto e l’altro a fine deserto. Ma sono anche propenso a credere che quel punto si trovi tra l’inizio e la metà del deserto, perché Annone gira verso quell’isola dopo aver costeggiato solo una parte di quel deserto. Ciò mi induce a sospettare che quella distanza (da Cerne a quel punto e da esso a Cartagine), fosse la stessa e conseguentemente uguale la navigazione da Cartagine alle Colonne e da lì a Cerne.
Per quanto riguarda, invece, il perimetro di 5 stadi che avrebbe avuto Cerne, la curatrice del libro in cui si parla del viaggio di Annone, Federica Cordano, dice che potrebbe essere stato di 15 stadi, perché in quel punto il libro è corrotto; ed è proprio per questo motivo che si può affermare che in quel punto del libro, poteva esserci scritto qualsiasi perimetro; anche 150 stadi come dice Strabone nel XVII libro della sua Geografia quando parla di Kossura.
Poi, nei passi seguenti, Annone naviga ancora per una trentina di giorni visitando luoghi con monti altissimi, laghi e uomini selvaggi da cui scappa perché non era ben accetto. Torna a Cerne, riparte verso meridione per parecchi giorni (12), arrivando in luoghi dove di notte si vedevano accendersi dei fuochi. Giunge in un grande golfo chiamato Corno di Ponente, in cui trova un’isola all’interno di un’altra isola; avvista un presunto vulcano detto Carro degli dei, raggiunge un altro golfo detto Corno di Noto e infine, arrivato in un’isola, cattura delle donne pelose chiamate gorilla che fa scuoiare e torna a Cartagine perché, per mancanza di viveri, non può navigare più oltre.
Questo è il viaggio di Annone, re dei cartaginesi, oltre le colonne d’Ercole; ed ecco, qui di seguito, il risultato di questa prima parte.

2° e 3° fondato prima città e salpati verso occidente
approdo nel promontorio Solòeis
lago prossimo al mare
fondate 5 città
lissiti
etiopi inospitali
deserto, punto del deserto verso oriente, colonizzazione di Cerne, golfo
dal 9°al 18° resto del viaggio
A: Cartagine – partenza
B: lunga penisola che termina con il Capo Bon
C: Cerne – Pantelleria – Kossura

Quanto descritto fino ad ora è il mio resoconto del viaggio di Annone, dettagliato solo fino a quel fatidico 8° passo, in quanto la mia attenzione è rivolta – affinché il viaggio di Annone sia completo e anche per curiosità – alla ricerca di quelle mitiche prime colonne d’Ercole, dalle quali gli antichi navigatori erano costretti a passare (per raggiungere la Sardegna e altre terre occidentali), perché a quei tempi si navigava vicino alla costa.
Quasi sicuramente, il restante canale di Sicilia doveva essere molto più pericoloso di oggi, come lo erano Scilla e Cariddi nello stretto di Messina ai tempi di Omero (VIII secolo a.C.), dal quale i greci passavano per raggiungere, oltre alle coste tirreniche dell’Italia, quella loro lontana colonia nel golfo di Galazia: Marsiglia.

La ricerca delle colonne ha bisogno, ora, dell’aiuto di Aristotele, sempre d un passo del suo “trattato Sul cosmo per Alessandro” ma, questa volta, nella traduzione della prof.ssa alla quale avevo portato solo la versione in greco, il testo Aristotelico.
Ho preso il passo dalla traduzione della prof.ssa, perché la stessa fa una traduzione più letterale rispetto a quella di G. Reale. Il testo recita:

“Per prima cosa, dunque, si dice che (oceano) si incurvi doppiamente alla destra di chi naviga (nel mare interno) attraverso le colonne d’Ercole, verso le cosiddette Sirti, di cui una chiamano Grande e l’altra Piccola…”.

Ebbene in questo passo in grassetto c’è un indizio molto forte, senza il quale non sarei approdato a niente. Così ho cercato, sulla costa africana del canale di Sicilia, una costa che si incurvi due volte, come una sorta di dosso stradale, che sia vicino alla prima delle Sirti – quindi alla Piccola – e che nei paraggi ci sia un mare basso e fangoso, come dice Aristotele in Meteorologia:

“Il mare al di là delle Colonne è poco profondo a causa del fango…”

Ho cercato le colonne tramite questi indizi, e, come per incanto, eccotele materializzarsi davanti, in tutta la loro antica conoscenza millenaria. Sembra che ti guardino e che ti dicano: “Vieni, non aver paura, attraversaci e ti racconteremo la storia di un’isola che migliaia di anni fa era innanzi a noi e nella quale vi era tutto quello che un Uomo poteva desiderare, ma che è stata spostata e dimenticata, come lo siamo state, ancor prima, noi.”

colonne d’Ercole
isole Kerkenna
mare poco profondo per il fango
4° e 5° s’incurva doppiamente
piccola Sirte
verso occidente
verso oriente
A Cartagine – partenza
C Cerne o Pantelleria

Le colonne, posizionate come nelle foto, rendono ancora più chiaro quel passo del “trattato sul cosmo per Alessandro” in cui si parla di “Oceano”, che forma, dall’altra parte delle colonne, tre mari: il mare di Sardegna, il mare di Galazia e l’Adriatico. Da ciò si deduce che “Oceano” forma l’Adriatico non solo attraverso lo stretto di Messina, ma anche attraverso il canale di Sicilia.
Da non dimenticare che ai tempi di Aristotele, anche il tratto di mare sopra il canale di Sicilia faceva parte del mare di Sardegna.
Questa è la mia collocazione delle prime colonne d’Ercole degli antichi, seguendo le loro indicazioni.

NOTE AL VIAGGIO DI ANNONE
Queste note si riferiscono ad Annone per spiegare il motivo che lo induce, secondo il mio punto di vista, a compiere una parte del suo viaggio, quella compresa tra il 2° e l’8° passo, nei luoghi che un cartaginese come lui dovrebbe conoscere bene.
Questa è una domanda che farebbero, specialmente, quelle persone che non accetteranno mai il viaggio di Annone nei posti che indico, ma è anche una domanda legittima.
Qualcuno si chiederà, inoltre, come mai questo motivo non l’ho inserito subito nel mio resoconto del viaggio.
Dovevo prima dimostrare al lettore che Annone, quella parte del suo viaggio sopracitato, l’ha compiuto nei luoghi dame indicati e dopo spiegarne il motivo, che tra poco inizierò ad esporre.
Parlerò, inoltre, del resto del viaggio per chiarire alcuni punti e dividerò tutto il viaggio in due parti, di cui la prima è compresa tra il 1° e l’8° passo e la seconda tra il 9° e il 18° passo.
Il motivo che induce Annone ad andare in quei posti è semplice e umanamente comprensibile e lo si avverte in tutto il racconto: Annone non ha nessuna intenzione di compiere quel viaggio che i cartaginesi gli impongono di fare. Il primo passo recita: “Per volere dei cartaginesi (non per volere suo) Annone navigò fuori le Colonne d’Eracle e fondò città di libifenici. E navigò portando con sé sessanta penteconteri e una folla di uomini e donne, in numero di tremila; e viveri e le altre provviste.”
Quindi Annone parte, va in luoghi che lui conosce perfettamente, ma dei quali non da mai delle indicazioni chiare. Cita con nomi diversi sia quei luoghi che aveva fondato e colonizzato, a cui aveva già dato un nome, sia quei luoghi che aevav visitato e che già possedevano un loro nome. Li cambia affinché chi gli ha ordinato di compiere quel viaggio non capisca dove sia effettivamente andato. Qualcuno potrebbe obbiettare che ci sono tremila persone che potrebbero testimoniare contro di lui, ma questo è improbabile in quanto quella folla di uomini e donne sono persone comuni che sicuramente non sono mai usciti fuori dalle mura della loro casa; oltretutto anche loro, come tutto l’equipaggio (sicuramente fedele ad Annone), sono obbligati a compiere quel viaggio.
Annone arriva nel promontorio Ermeo (che non nomina) dove al 2° passo: “fondammo una prima città alla quale demmo il nome di Timiaterio…”. E, naturalmente, per fondare quella città fa scendere dalle navi parecchie persone.
Timiaterio è uno di quei nomi cambiati da Annone (tuttora nessuno studioso l’ha localizzata).
Cosa fa adesso Annone? Anziché costeggiare subito il golfo, per evitarlo, astutamente salpa, al 3° passo: “verso occidente raggiungemmo Solòeis, un promontorio libico folto di alberi.”.
Un promontorio con quel nome non è mai esistito, è un altro nome cambiato da Annone per sviare (tuttora anche Solòeis è un’incognita per gli studiosi).
Poi al 4° passo torna indietro quel tanto che basta per raggiungere un lago che, al 5° passo, supera (qui sta scendendo verso il golfo, rischiando però d’essere visto, ma deve rischiare), fonda sicuramente una vicino all’altra e anche vicino al lago stesso le cinque città, anche loro con nomi diversi da quelli realmente dati e che, ancora oggi, nessuno sa localizzare.
Nelle mie foto ho fatto salpare il navigatore dal promontorio sotto il quale si trova Cartagine anziché dalle vicinanze del lago sotto il promontorio Solòeis, perché se non avessi fatto in questo modo avrei dovuto giustificarne subito il motivo.
Non mi sembrava il caso di dire troppe cose tutte insieme. Sarebbe stato troppo dispersivo.
Dunque, al 6° passo, Annone salpa dopo aver fondato le cinque città, dove lascia quasi tutte le persone del suo seguito e raggiunge, ora con pochissime navi e quindi con pochissima possibilità di essere riconosciuto, il fiume Lisso (altro nome cambiato), che però non è, come dico nel mio scritto (perché dovrei giustificarlo, anche questo, subito), il primo da sud, ma sicuramente il primo da nord e che si trova più vicino al luogo da cui è salpato verso Solòeis.
Nei pressi di questo fiume abitano i lissiti, un nome che ricompare, come dice la curatrice Federica Cordano, soltanto 650 anni dopo con Pausania, che identifica i lissiti con i nasamoni, una popolazione della grande Sirte.
Ma la grande Sirte non si trova nell’Atlantico.
Nel 7° passo, degli etiopi inospitali abitavano sopra i lissiti. Al fatidico 8° passo Annone costeggia verso meridione quel deserto che si affaccia nel canale di Sicilia e sempre da un punto non precisato del deserto parte e raggiunge, verso oriente, quell’isola che lui colonizza e alla quale, lui dice, dà il nome Cerne (altro nome cambiato e che nessuno studioso, ancora oggi, ha mai localizzato), ma che sa essere Kossura; ma se l’avesse chiamata in quel modo i cartaginesi avrebbero capito. Suppone, giustamente, che quell’isola si trova, rispetto al periplo (ma si guarda bene dal dire di quale periplo si tratti), alla stessa altezza di Cartagine, infatti gli: “sembrò uguale (e, più o meno, lo è) la navigazione da Cartagine alle Colonne e da lì a Cerne”. E quell’isola si trova in fondo a un golfo.
Dice, inoltre, che quell’isola misura cinque stadi; ma come si potrebbe chiamare piccola isola e addirittura colonizzare un lembo di terra di 250 metri per lato (1 stadio = 200 metri)? Oppure, come dice la Cordano, di 15 stadi (neppure 1 km quadrato di superficie e, per giunta, lontana un giorno di navigazione dalla terraferma)?
“Colonizzare” significa “fare propri” luoghi già abitati.
Continuiamo: a Cerne l’astuto Annone fa scendere il resto del seguito (ad eccezione, naturalmente, del suo fedele equipaggio). Lo si capisce perché nella seconda parte del viaggio, quello compreso tra il 9° e il 18° passo, non fonda più nessuna città; eppure continua il viaggio per altri trenta giorni prima di andarsene a Cartagine (e quindi altri giorni da aggiungere ai trenta già citati).
Dico che questa seconda parte non è dettagliata come la prima perché la mia attenzione è passata alla ricerca delle colonne. Il motivo, però, non è solo quello, ma è anche che, in questa seconda parte, Annone si inventa tutto perché non vuole più continuare quel viaggio.
Infatti descrive posti fantastici e terrificanti (in modo tale che a nessuno venga in mente di andarli a cercare).
Nel 9° passo arriva in un posto dove si trova un lago, all’interno del quale ci sono tre isole più grandi di Cerne. Ma ci sono anche: “monti altissimi, brulicanti di uomini selvaggi, coperti di pelle di animali, che ci colpivano lanciando pietre, impedendoci così di scendere”.

Nel 10° passo scappa da un lago profondo pieno di coccodrilli e ippopotami e poi torna a Cerne.

Nell’11° naviga per dodici giorni verso meridione, dove arriva, l’ultimo giorno, in luoghi in cui gli abitanti: “che fuggivano invece di aspettarci, e pronunciavano parole incomprensibili persino ai lissiti che erano con noi.”

Nel 12° e nel 13° passo approda presso monti alti e boschi profumati: “Circumnavigando questi monti per due giorni ci trovammo nell’immensità del mare aperto, e di fronte ad esso, sulla terraferma c’era una pianura da dove, di notte, vedevamo del fuoco accendersi da ogni parte, ad intervalli, ora più forte ora meno.”
Nel 14° passo prosegue per cinque giorni sotto costa e arriva in un grande golfo chiamato “Corno di Ponente” (mai localizzato), al cui interno: “c’era una grande isola e sull’isola un lago d’acqua marina, e dentro a questo, un’altra isola…” e termina dicendo: “di notte vedevamo molti fuochi accesi, e sentivamo un suono di flauti e cembali, uno strepito di timpani e un enorme schiamazzo. Ci venne paura e gli indovini esortavano a lasciare l’isola.”
Nel 15° passo va via in fretta da un paese in fiamme: “pieno di vapori, dal quale scendevano verso il mare grandi torrenti di fuoco. La terra era inaccessibile per il calore.”
Nel 16° passo scappa, terrorizzato, da lì e dopo quattro giorni avvista la terra illuminata dalle fiamme, al cui centro c’è un presunto vulcano detto “Carro degli dei”.
Nel 17° passo Annone, dopo aver superato con tre giorni di navigazione i torrenti di fuoco, raggiunge un golfo chiamato “Corno di Noto” (altro luogo mai trovato).
Finalmente, arriviamo al 18° passo, l’ultimo, nel quale c’è il colpo di genio di Annone.
Infatti in fondo al “Golfo di Noto” c’è un’isola piena di uomini selvaggi: “Ma erano molto più numerose le donne, pelose in tutto il corpo, che gli interpreti chiamavano Gorilla. Noi inseguivamo gli uomini, ma era impossibile prenderli, perché scappavano tutti, arrampicandosi sui dirupi e difendendosi con le pietre. Invece tre donne, mordendo e dilaniando i loro rapitori, si rifiutavano di seguirli; allora, avendole uccise, le scuoiammo e portammo a Cartagine le pelli. Infatti non potemmo navigare più oltre, una volta venuti a mancare i viveri.”. In questo passo c’è tutta l’astuzia di Annone; infatti quando decide che è ora di andarsene a Cartagine cattura tre donne pelose, ma invece di portarle vive davanti al senato cartaginese come prova dell’esistenza delle stesse, le uccide e le scuoia con la scusa che non vogliono seguirli. Ma Annone scuoia non tre donne, ma tre vere scimmie; e scuoiare una scimmia comporta l’eliminazione della testa, delle mani e dei “piedi”, prove inequivocabili che sono delle scimmie. Le femmine delle scimmie senza coda (come, appunto, gorilla, ma anche orango, bonobo ed altre), hanno le mammelle molto simili a quelle delle femmine umane.
E voilà il gioco è fatto. Annone non può portare vive quelle che lui dice essere donne pelose perché i senatori cartaginesi si accorgerebbero subito che sono delle scimmie e gli farebbero fare, sicuramente, una brutta fine.

Questi sono i motivi, secondo il mio punto di vista, di questo strano viaggio di Annone oltre le colonne d’Ercole, che se anche fosse tutto inventato, in quella prima parte sono descritti, innegabilmente, quei posti che indico nel mio scritto.
Termino dicendo che alcuni luoghi, a cui Annone cambia il nome, come Timiaterio, Acra, Solòeis, Cerne, si trovano in un presunto periplo di Scilace di Carianda, VI secolo a.C. (all’interno sempre del libro curato da Federica Cordano “Antichi viaggi per mare”), ma che provano, senza ombra di dubbio, che lo stesso periplo non viene compiuto nel VI secolo a.C. da nessuno. Infatti quei luoghi vengono nominati in un periodo in cui non sono stati ancora fondati, colonizzati o visitati da Annone (V secolo a.C.); il che avviene cento anni dopo.

P. S.: Tratto da “Plinio (I secolo d.C.) Storia Naturale” libro 5° par. 8 – ediz. Einaudi Torino 2007: “Erano anche rimasti alcuni appunti di viaggio lasciati dal comandante cartaginese Annone, il quale nel periodo di massimo splendore della potenza cartaginese ebbe l’incarico di compiere la circumnavigazione dell’Africa. La maggior parte degli scrittori greci e romani, basandosi sulle informazioni fornite da Annone, hanno raccontato, in mezzo ad altre favole, che egli avrebbe fondato qui (sta parlando della costa atlantica dell’Africa) anche molte città di cui però non resta né ricordo alcuno né traccia.”.

Bibliografia:
– Sergio Frau, “Le Colonne d’Ercole un’inchiesta” – ed. Nur Neon, Roma 2002.
– Giovanni Reale – A.P. Bos, “Il trattato sul cosmo per Alessandro” – ed. Vita e Pensiero, Milano 1995.
– Luigi Annibaletto, “Erodono Storie” – Oscar Mondatori Cles (Tn) 1985.
– “Platone Opere complete” vol. 6° Timeo – ed. Laterza, Bari 2003.
– Nicola Biffi, “L’Africa di Strabone” libro XVII – ed. Sud, Bari 1999.
– Aristotele “Meteorologia”, a cura di Lucio Pepe – ed. Bompiani, Milano 2003.
– “Antichi viaggi per mare” – edizioni Studio Tesi, Pordenone 1992.
– “Plinio Storia Naturale”, a cura di Federica Cordano – ed. Einaudi, Torino 2007.
– “Delle navigazioni et viaggi di G. Battista Ramusio” Venezia 1550.
– Foto di Google Heart numerate e nominate da Antonio Usai.

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